T. Lucrezio Caro. Senza accendere un contenzioso sull’ingente materia, mi intesterò a rileggere un arduo passo del De rerum natura di Lucrezio, capolavoro multiplo e sconfinato, pedagogia del sublime materiale. Gli antichi – sbalorditi – non trovarono di meglio che accreditare il loro sbalordimento alla pazzia dell’autore; noi, chiamati in causa con il tu che ci interpella come scolari tardivi, possiamo permetterci il lusso di accreditarlo anche alla nostra. Libro II, versi 1139-1145
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Giustamente dunque le cose periscono quando estenuate / da deflusso soccombono tutte agli urti esterni, / poiché in vecchiaia il cibo infine viene a mancare / e i corpuscoli martellanti dall’esterno non cessano di stremare / alcuna cosa e di vincerla ostili con gli urti. / Così sunque anche le mura del vasto mondo / espugnate d’attorno crolleranno corrose in rovina.
Vittorio Sermonti, Il vizio di leggere, Rizzoli, 2009