IO SONO L’OROSCRAPO I

Dicono che viva di richiami. Non naturali come quelli della foresta, quelli squisitamente mondani. Non peccando di pesantezza tento di sembrare più leggero, riuscendo a essere quello che non sono. Di notte elaboro trattati sul fuoco e sull’aria, sulla cecità e sulla morte. Di giorno ne faccio tesoro imbibendoli di una vita elastica, offerta agli altri con lesta grazia da borsaiolo. Non sono nato per fare l’operaio, per rimanere siculo, per mettere radici a Volterra. Schiamazzo come un pavone e pur senza coda mi guardo di continuo all’indietro. Vado di moda inconsapevolmente, per marchesato, certo che ogni strada mi porterà al posto giusto, e per destino. Ripasso a memoria i destini di coloro che incontro ma se oracolo, come Argo, rimango inascoltato, facendomene vanto. L’insuccesso è una buona parola per me, ne contiene altre e il suo contrario. Come dicevo, non soffro ma offro, consento a chiunque, secondo la regola del mai dire no, di prendersi o disperdere il mio seme. Una volta scopersi che mio padre mi imitava, raccontando cose mai fatte ai colleghi che ci credevano scuotendo la testa. Provo tenerezza per lui, seme del mio seme, di cui racconto la predilezione per le mutande bianche con lo sparato a cucù. Ma ecco mi chiamano, scusate, devo andare.

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