LA SCURE E IL CARILLON

Albe tramortite silenzi sopiti

troncato il gioco polveroso della vita,

si scaglia la scure del diamante,

brilla di fuoco spento

atroce nefandezza

indicibile gesto di natura maldestra

rabbiosa boscaglia deserta

ferocia di mano

rapisce il nugolo rosa.

Dormono gli occhi di quiete,

giace la soffice spira.

Lei serba il respiro

nello scrigno color manto re,

una bambola, un nome perduto.

Risuona il carillon ritmo lento deciso

pause note spezzate,

danza la ballerina

braccia alte intrecciate

gira intorno le dita,

cinge la sera un mugolio indolente.

Ha negli occhi il candido volto,

ferma l’immagine assisa dipinta scolpita,

le braccia tese, il richiamo del ventre,

nenia errante nella notte tremula.

Odore acre del rigido schema,

ancora natura beffarda,

la storia torna sulle orme

del giovane poeta passero solitario:

ancora inganno, promessa mancata.

L’acerba memoria è ora riflesso

di donna guerriera, il nome tacita il senso.

Oggi vive in fattezze remote,

l’acerbo fiato libero per sempre.

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