l’asteroidicello gamma (il lavoro mentale) 50’78

il lavoro mentale
(18.10)
il lavoro mentale e la colonizzazione. mi capita poi di ripensare questi pensieri:

a) se io penso e tu no tu non hai quello che io ho
io sono portatore di una qualità tu no. io ho anche ‘la responsabilità’ (e la responsabilità può essere sfiorata e condivisa solo da altra responsabilità)

b) se mi muovo in mezzo alle cose e le vedo e le nomino ed esse si mettono dentro di me in tale relazione della vista e della nominazione. e tu no – io sono fatto e faccio in modi che possono essere soggetti a scambio fraintendimento moto-continuo. tu no.
io posso anche (e ‘soprattutto’ spesso) non capire. tu no.
la sostanza dei miei vincoli e il loro ambito sono sempre determinati dalle forme e dalle loro posizioni cioè dalle retoriche

c) se i miei ricordi si ricordano di me mio malgrado e questo é il loro costume e tu no – tu stesso trovi in me una garanzia che io in te che sei così non sopporterei

d) la mia famiglia il mio lavoro le mie predilezioni (soprattutto quelle politiche e sensoriali) hanno carattere natura di luoghi continuamente esplorati da chiunque non abbia fiamme nella propria vocazione al moto. sia sostanzialmente un burocrate attrezzato di famiglia lavoro e predilezioni (soprattutto quelle politiche e sensoriali) con natura e carattere di luoghi continuamente ecc ecc. tu no. perciò mi é facile decidere che tu non esisti. e lo decido.
il mio valore presso me stesso é in ciò nella continuità e nella forza che sviluppo nel praticarti

e) se io dico ‘e tu no’ io sto qui dove mi vedi. tu mi circondi dove tutti possono vederti.

questi pensieri (e altri che m’annoia trascrivere) vengono di volta in volta ripensati anche con clamorose varianti eppure la loro impalcatura istologica per quanto modificabile e modificata ripropone sempre le due o tre striminzite leggi cosmogoniche che tutti conosciamo. penso allora che se la dialettica se la contraddizione fanno in qualche modo di questi pensieri i pensieri che sono: allora malgrado il dissenso percettibile dell’espressione o forse in forza di esso non c’é congruenza dinamica o statica tra te e me.
e dunque la poesia che é il vertice empirico di ogni tendenza della nostra specifica qualità biologica in quanto ci impedisce di potabilizzare la continuità del gesto (incluso quello economico sociale mnemonico) rimane il fondamento più eccentrico di ogni colonizzazione.

ultima curiosità: constato che anche pensando ininterrottamente i miei pensieri preferiscono scomparire nella necessità del gesto nel lavoro chiaramente non definibile. questa però tardiva vocazione me li rende tutti anche i più lenti perfettamente igienici e frequentabili.
ma come loro stessi dicono non servono più: le distanze sono ormai troppo variate.

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