LE BUCCE DEL SECOLO

quella porzione di campagna
che ancora si allarga
come un polmone, dietro la casa
irregolare, ondulata, a un certo punto
improvvisamente
leggermente
declinante
dove pascola e deambula giorno e notte
un sempiterno, spettrale cavallo
e dove le gazze, le cartacce
e i merli
hanno la propria cattedrale
una pietra quasi piatta, medievale
ricoperta da lamentosi spinosi cespugli
dove tu stesso hai visto
nel gelido azzurro di una gialla mattina
veloce discendere un falchetto
le vertiginose scalinate dell’aria
silenziosamente, per abbeverarsi
a luccicanti, tortuosi rigagnoli
di acqua piovana
dove le grosse mosche autunnali
hanno ancora il loro regno sonnolento
dove il vento d’estate
somiglia al viandante
che si aggira lento
dove l’aria dorata lo dissolve
dove ancora le vespe intonano in coro
la melopea internazionale dei sordomuti
dove la bruma affila i suoi artigli
contro gli alberi che di notte scompaiono
gocciolando
e dove la notte prende le proprie distanze
con l’espandersi lento dei lampioni più lontani

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