Siamo sottoposti a una certa prova sismica.
L’interrogazione non perfora
la materia che resiste:
corpi evanescenti eppure corpi,
distanze incolmabili eppure colmate dalla possibilità di pensarle.
L’interrogazione non perfora
la materia che resiste:
sputo d’argilla su terra fredda
eppure rilanci emozionali
e mitologie intessute
e traumatici dondolii di civiltà.
Anche il granito trova la strega che lo frantuma
e il formicaio un silenzio che lo sgretola.
Finché l’arco si tende
(e sempre l’arco si tende),
ravanare in un vocabolario impossibile,
ordire una trama d’ingegno
che rimane d’ingegno
e non perfora l’interrogazione
la materia che resiste.
Perfette susseguenze biochimiche,
incantevoli acrobazie sull’humus,
che diciamo nera
e invochiamo viva,
che chiamiamo terra.
Acrobazie:
vergine rimane l’oggetto,
vergine la verginità sola possibile.