Il rospo sbuca seminascosto da terra e plastica ed è un rospo, non un ranocchio sperato verde–verde al primo bacio dell’aprile. Nella lettura dell’insonnia collegamenti, a regola di giogo (i sostenuti incontri) molti pennelli nel vaso dei solventi poi sparirono dalla finestra. Nella compulsione della musica a mani armate battendo di notte fuori di me, il mio cuore mi svegliò. Mi svegliò quel nome nella comune aria respirata e la ricerca s’avvicinò con l’insistenza che incide un disegno in movimento sul viso. Ritorto dall’ombra dei capelli sugli occhi chiusi, non da capo, tornò alla prima donna sulla soglia del teatro. Ora esco dal pianterreno di asfalti male illuminati e sempreverdi neri sulle violente prese d’altri, che cercano.