MICROCEFALIA

L’uomo occidentale tende alla microcefalia. Assisto a una sempre più manifesta riduzione del volume cranico umano (figli molto alti ma con teste ridotte) e a una inevitabile conseguente diminuzione delle facoltà intellettive. Ho pensato si trattasse di un calo in centimetri cubici dovuto al fatto che alcune zone del cervello deputate a compiti particolari erano divenute inutili: calcolo, traduzione, scrittura manuale, disegno, rassegnazione alla fatica fisica. Ho dedotto invece che non era solo questo. Si tratta soprattutto di un adeguamento genetico volto a arginare il problema del sostentamento di un numero di individui inimmaginabile – spropositato secondo il target che garantivano fino a meno di un secolo fa in autotutela guerre e epidemie, e rimpinguato inaspettatamente anche dalle ultime recenti ondate immigratorie. Un sistema che, prima fra tutte quelle facoltà intellettive, ridimensionerebbe la più pericolosa e dispendiosa per la razza: il desiderio alimentare specialistico; di cui l’uomo moderno è inventore e unico fruitore, essendo il solo che in natura – a partire da un certo momento – si sia nutrito di alimenti preparati appositamente per il piacere del palato e col minor numero di nutrienti. Abitudine che col tempo ha costretto economie potenti allo stremo, prodotto costi di produzione insostenibili, generato una dieta alimentare impossibile da mantenere per così tanti individui con le sole proprie forze di uno stato. Un disastro. Ipotizzabile, in futuro, lo sviluppo di una sub-specie con cervello ridotto da 1350 cc a 1000/800 cc, irragionevole ma consenziente a nutrirsi di cibo non preparato e reperibile in natura o agli angoli delle strade: erba, corteccia d’alberi, carcasse di animali, materiali di risulta, forse anche plastica.

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