Ho tre giacconi buttati sulle spalle, mi son ritagliato un piccolo spiraglio per vedere lo schermo del portatile. Gli occhiali, ovvio, mi si appannano – riesco a stento ad allungare la mano verso la bottiglia di vino (1,80 Euri). Le sigarette (6,90 Euri, Pueblo Giallo) sono molto pericolose – potrebbe prender fuoco tutto. Come successe a quella disgraziata di Ingeborg Bachmann. In realtà la nostra Ingeborg morì bruciata dallo scaldasonno. O da una sigaretta spenta male, che appiccò il fuoco a tutto il letto, ora non ricordo. Quindi siamo io (1) e il freddo (2), davanti al Pc (3) con una sigaretta (4) che pende dalle mie dita (5).
[Guarda, che le tue dita son (10)]. Si, ma è un’altra numerazione, un altro elenco. Quindi: pende, la sigaretta (4), dalle mie dita (5), e basta lì, che non ho voglia di discutere. E si apre il mio orizzonte (6) fino alla parete (7) bianca davanti alla postazione del pc (6+2). D’un tratto il freddo (2) si fa particolarmente cattivo, pungente, e cominciano a cadere in terra e per ognidove piccoli aghi terribili (9) che lacerano, strappano, si infilano per vene ed arterie (10). E’ l’umido (11) che si fa amido gelido (12), che si affila e prende propulsione e cade, congelando, infilzando la qualsiasi (niente). Adesso ritagliate tutti i cardini numerici, gli uni, i dui, i trei e i quattri, e shackerate con energia parossistica e otterrete un bel racconto lungo di Samuel Beckett, tipo Giorni Felici (48).
Saluti distintissimi (36).
(La qualsiasi). (Niente).