Come ricordarsi della nuda vita? Nei Campi
i corpi prigionieri non appartengono più a se stessi
Appartengono ai carnefici, a chi incarna un Potere
insindacabile che governa sulla morte e la post-morte
La pelle, la carne residua, le ossa, i denti, i capelli
tutto viene riusato, riciclato, riadoperato
Dopo i forni crematori la cenere viene spalata
e serve come concime per la terra che tanto
‘pulvis eris et in pulvem reverteris’
La mente prigioniera svolitava in cerca di un sole,
ma poi si ammutoliva di fronte all’indicibile,
il dolore assoluto non può avere parole
Meglio serbarsi sobri, evitare qualunque retorica
e avvisare che gli assassini possono tornare,
anzi sono accanto a noi, sono i nostri vicini
o persino noi medesimi se non sappiamo capire,
se non sappiamo lucidamente rammemorare
Se la scrittura si autocontempla in una sfera
meramente estetica e dimentica la tensione etica
diventa complice, che lo voglia e lo sappia o no,
di una coltre di ghiaccio che prelude allo sterminio
Ricordarsi della nuda vita vuole dire
incessantemente rimembrare dunque
che l’abiezione abissale è sempre
ad un passo da noi. È ovunque.