PENURIA

La voce, la voce accade. Voce articolata, scrivibile, cioè scrittura del volto. Linguaggio che dentro la voce si sospende in smorfia o sorriso. In quale momento? Che cosa capita parlando? Ho assaggiato, mangiato una parola? Parola che sa, che sta parlando, poesia, non mia. La vera lingua è tra due, tensione e politica. Ma ora sono sparite le bocche, neppure si muovono, dietro paraventi, burka; retrocesse. La bocca pop, la linguaccia rolling, quella surrealista immensa nel cielo a pecorelle, la tesa in estremo grido sul ponte, la vampiresca, la seria ad infinita notte, la muta. Rimasto, invece, uno sguardo interminabile. Come spiando dalla fessura ocelli di farfalle notturne sbirciano ipnotici e veloci alla cassa. La bocca è andata fuori campo, fuori gioco disallestita d’ogni seduzione. Eppure rimugina, rumina erba medica credo, spero. Tra sé in rammarico rivede le ostruzioni alla duloxetina e pam inibitori, il proliferato insignificante, gli antiaderenti amori con baci a stampo e quello profondo, forse mai dato ed ora né serpi, leoni o draghi fermerebbero il suo sativo.

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