PERORAZIONI DI NOVEMBRE

Eh, con te non si può discutere. Dici cose che mai. Zero argomenti, non accetti il confronto. La tua intolleranza è lunga almeno quattrocento chilometri. Hai la lingua rasposa. Puzzi di inchiostro blu. Sei nero, hai le unghie sporche, la camicia strappata. Dài, scendi dalla tua Kawasaki, se hai coraggio. Che ne parliamo a pugni. Puzzi di inchiostro rosso. Non credo che ce l’avrai il coraggio di scendere da quella moto. È molto alta, lo so. Almeno come una palazzina di tre piani. Però, dài, non cercare scuse, vieni giù che discutiamo. Basta un salto, buttati, dài. Non serve la scala, tantomeno il paracadute. Puzzi di inchiostro verde. Salta e basta, ti dico; niente storie. Scendi che parliamo. Ti spiegherò come un cerchio dilatato all’infinito si trasforma in una retta. E ddài, vieni qua, scendi, ti ho detto. Ti racconterò la storia di quel gatto chiuso in una scatola, che era vivo e morto nello stesso tempo e se aprivi la scatola in un universo scappava via in un balzo, ma se la aprivi in un altro universo lo trovavi stecchito a zampe all’aria. Non ci credi? Parliamone, allora. Ma se proprio non vuoi discutere, almeno aiutami a sgusciare le mandorle e i pistacchi. Ce ne sono a quintali ammassati in salotto. Li spacchiamo con un martello e poi i gusci li usiamo per fare la brace. In questo istante senza principio né fine, almeno aiutami a cucinare le melecotogne, ad avvitare tutte queste lampadine fulminate sospese nel vuoto. Ti insegnerò come scrivere all’infinito su uno scontrino del bar. Insieme raggiungeremo la tartaruga che Achille non riesce mai ad acchiappare. E poi volevo dirti: che sta arrivando l’inverno, volevo dirti. Presto nevicherà e saremo sommersi dai fiocchi.

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