PERSEPOLI NUMERO 32

Parla un cane. I grandi monumenti che non abbiamo visto, i cieli di Singapore. Parla un merlo. Non siamo mai stati laggiù, soprattutto i nomi delle piante che non conosco. Parla un ragno. I resti degli imperi, gli animali esotici. Chi ascolta dice. Berlino, New York, l’Australia. Senza mai saltare un appuntamento i due però viaggiano sempre nello stesso luogo. Per quanto li riguarda il mondo potrebbe sparire stratificandosi in una cialda di terra arida. Quando è l’ora, spengono le luci e chiudono la porta a chiave. L’uomo la prende per mano, inarca la schiena e spalanca la bocca –  lei gli prende la mano, gli si avviluppa e spalanca la bocca. E’ il momento di partire: si inghiottono a vicenda, ognuno entrando  dentro la gola dell’altro. Basta aprire un cassetto, fare due nomi a caso e li avrete davanti. Parla l’uomo: ecco i monumenti che non ho mai visto, ecco i cieli di Singapore, e indica la vena succlavia. Lei risponde: non siamo mai stati laggiù, queste sono piante che non conosco, e indica una porzione di stomaco e il duodeno. Parla l’uomo: i resti degli imperi, il cibo che non hai ancora digerito. Lei risponde: è pieno di animali esotici, ecco Berlino, New York, questa è l’Australia. E tocca un polipo maligno nella flessura colica. La sera, cominciano a risalire. Ed è un ritorno silenzioso, malinconico, lo stesso di quando due bisce, per esempio, si sciolgono dall’intreccio sul lago di Bolsena. O quando il vento smette di soffiare sull’arena di Verona. Lo stesso di quando diamo, senza saperlo, l’ultimo bacio della nostra vita. O quando le migliaia di luci che ora vedete sullo sfondo si accendono, brillano qualche istante, e muoiono nella notte del Cretaceo superiore.

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