Da qui a stanotte sul tardi quest’appartamento cambierà faccia: tutto pulito, tutto scintillante e profumato di betulla. Domattina mi sveglierò e accanto al mio letto ci sarà un’orsa, con i suoi piccoli, che coglie le ultime more [o bacche], magari uva bianca, quella dai grappoli più grossi, la vernaccia. Il pinot grigio no, fa dei grappolini piccoli [però dolcissimi, e carichi di sole]. La vernaccia è fantastica, ma un po’ asprigna. Sulla parete di fondo sta stagliato un cervo che sfrogia dal naso con rumori di betoniera in esercizio. E poi lepri – che copulano a festeggiare l’abbondanza di tutti i frutti dell’autunno: saranno nidiate numerosissime, milioni di leprotti. Ci saranno, che volteggiano tra la plafoniera e la vetrata del bagno, beccacce, colombacci, falchetti e poiane – e poi, in piccolo, tordi e rondoni e balestrucci e pettirossi stanziali coi merli in sottofondo. L’appartamento risuonerà di richiami, desideri espliciti – scopami! Ti posso succhiare il becco? Facciamo dei pucini insieme! – ché gli uccelletti non han molti argomenti, si sa. Come i trogloditi, fra gli umani, al bar, che non conoscono altro che di fica e cazzi e culi e tette. Sempre in giro a cercare dove mettere il nasino [sic] – o l’uccello: figurato, s’intende. Sempre in giro alle scaturigini dei fiumi a spandere sperma a profusione su miliardi di uova in dolce attesa. Il mondo visto dalla trota fario: una nebulosa a mezz’acqua carica di energia primeva. Il brodo primordiale.
Ma si diceva dell’appartamento che profuma di betulla. E cambia lenzuola, e metti a lavare: la lavatrice vecchia, che si muove, in centrifuga, e che fa il giro dell’appartamento – che quando ti alzi, lei, la lavatrice, tutta sudata di sudore metallico, ti dice di fretta: buongiorno, e ricomincia a fare il suo giro.
Te, in pigiama, che guardi di un guardare languido le pareti verniciate di fresco, e gli infissi nuovi [prima cementite, poi smalto] e il rubinetto di cucina, che non sgocciola più, dopo anni. E mentre stendi il bucato al sole comunque robusto di settembre, pensi indeciso a cosa sia meglio: se una bella cacata col giornale di ieri, o un secondo caffè, magari con uno schizzo d’anice. Magari verso mezzogiorno un bel suicidio, nella casa pulita. Che non si abbia a dire poi: quello sporco suicida.
E non fate pettegolezzi.