Di Ludwig Wittgenstein, uno dei padri della Logica moderna e della Filosofia del linguaggio, si dice fosse di natura estremamente mite e religiosa; che l’uomo che ci ha lasciato il Tractatus logico-philosophicus, seppure rampollo di una delle famiglie più ricche d’Europa, abbandonò le fortune paterne per andare a fare il giardiniere nel monastero di Hutteldorf, l’insegnante di scuola elementare e forse anche il prete, se avesse potuto; del suo spirito francescano, si dice, beneficiarono con lasciti consistenti persino Reiner Maria Rilke e Georg Trakl e non si sa quanti altri; si dice abbia vissuto una vita semplice e austera, che fosse omosessuale, soffrisse di una particolare forma di autismo e che finì col morire in casa di un amico. Tutto questo, però, senza nessuna certezza assoluta. Contrariamente a Gottlob Frege, difatti, che sosteneva come la proposizione possa essere vera o falsa ma mai contemporaneamente, Wittgenstein sostenne che dall’interno del linguaggio non sia possibile determinarne la verità: ogni proposizione può essere vera e falsa allo stesso tempo fino alla sua verifica (atto reale che avviene fuori dal linguaggio).