Ripeto lo stesso gesto da sessantadue giorni, da quando, cioè, mi sono trasferito in questa casa: alle 6 apro una delle finestre che danno sulla strada (quella del corridoio, per l’esattezza), metto fuori il naso, annuso intensamente e emetto un lungo, lunghissimo sospiro mentre con gli occhi (subito dopo) percorro il tragitto fino alla discesa che porta fuori dal quartiere. Probabilmente cerco di prendere confidenza col posto: si comincia sempre dagli odori a familiarizzare. La notte in compenso dormo tranquillo. Magda mi conferma il suo arrivo per il 31 di agosto, leggo il messaggio sul cellulare mentre al pc scorro le prime pagine dei giornali: “i nostri gesti sono i più simili ai gesti degli uccelli, e ogni movimento in fondo non è che un tentativo di volo, pensate al nuoto ad esempio, dove le braccia cercano in acqua quello che le ali cercano nell’aria”. Alle 6 mi affaccio per la mia consueta ispezione: sembra incredibile ma un passero si posa sul davanzale proprio in quel preciso istante. Io, però, non ho mai saltellato.