VILLANELLA S’EN VA

Da lì nacque la stortura, il danno indelebile, da quei topi infilzati e poi bruciati in un covone di erbacce secche date al fuoco. L’assoluta indifferenza con la quale accolse la notizia il contadino, gli insulti ai quali fu sottoposta poi, quando riferì il tutto al fattore, tutto sembrò giocare a favore di una malattia che portò molti lutti nel paese di ********. La bambina non guarì mai dall’immagine degli scheletri bruciati di quei poveri topi. E la portò con sé per tutta la sua breve vita.
La nostra Andreina andava per campi e prati contenta e beata della sua giovinezza e rideva e cantava cinguettando le arie che la sera sentiva intorno al fuoco. Non lo sapeva che c’era il trucco, che molte di quelle canzoni parlavano d’amore. E i giovani maschi si ingrifavano a quei versi. Pensavano, ed ancora oggi lo pensano, che quella bimba volesse giocar di loro. E la invischiavano in mille discorsi d’amore, in mille frasi sbullonate e perverse. Ma lei non capiva, e insisteva con le canzoni che sentiva al fuoco la sera. Non lo sapeva, lei, cosa volessero dire quelle parole ardite. E neanche gliene incorreva disdoro: non capiva ma faceva spallucce e continuava nel canto. Un cinguettare di usignuolo. Finché un giovane, più violento fra gli altri, non la prese su un covone di erbacce destinate al fuoco. E a lei venne il sangue che sempre accompagna le cose di femmine. E sentì sotto di sé il brulicare della vita. Quando il giovane ebbe tratto il suo piacere lei si alzò di scatto e, sconvolta, cercò tra la paglia il motivo di tanto rotolare. Erano topi grigi, di quelli grossi, che altri si compiacciono di chiamar rattoni. Subito giunse il contadino e capita che ebbe la scena infilzò con il forcone qua e là e dette fuoco al covone. Che bruciò tutti gli animali che vi si nascondevano sotto. Ad Andreina non restò che rassettarsi ed aspettare l’esito di quel fuoco. Che fu manifesto quando si procedette al rimestìo delle braci. Cadaveri, scheletri, resti miseri della nidiata di rattoni. Per lei era finita l’adolescenza. Da lì in poi cominciava l’ora orrenda dell’assassinio.

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